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Turismo religioso in Campania
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La vicinanza di papa Francesco al carisma di Sant’Alfonso.                     

Al centro di tutto il magistero di papa Francesco c’è l’idea base del suo pontificato: un Dio che «non si stanca mai di perdonare», mentre «siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia». Dio «torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra», «ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia». E il cristiano deve entrare «in questo fiume di gioia». No, dunque a «cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua»: «un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente la faccia da funerale», scrive il Papa, auspicando che il nostro tempo possa «ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore».

Se la gioia deve essere la caratteristica della chiesa, la missione, l’andare incontro agli abbandonati, deve essere la sua vera opera: «L’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa», afferma il Papa. La Chiesa di Cristo è chiamata ad uscire da sé per incontrare gli altri. In altri termini la Chiesa sa che deve «andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi». Perché questo avvenga, papa Francesco ripropone con forza la richiesta della «conversione pastorale», che significa passare da una visione burocratica, statica e amministrativa della pastorale a una prospettiva missionaria; anzi, una pastorale in stato permanente di evangelizzazione. No a prassi stantie e rancide obbliga. Si, invece a essere creativi per ripensare l’evangelizzazione.

In questo contesto l’esortazione parla anche delle parrocchie che devono essere «ancora più vicine alla gente». Insomma una Chiesa dal «cuore missionario» e dalle «porte aperte». Invece, ammonisce il Pontefice, «di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori». Ma «la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa», soprattutto «i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati». «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade – scrive Francesco –, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli».

Sentire papa Francesco, sembra quasi sentire Alfonso de Liguori. Tanti temi che l’attuale Pontefice presenta nelle sue catechesi sembrano sgorgare dalla voce e dalla penna del nostro Santo. Infatti anche il Dottore Zelantissimo, come il Santo padre, ha fatto della misericordia e della missione il suo campo di azione privilegiato.

Dal magistero di papa Francesco come dall’insegnamento di Alfonso si evince che la conversione è radicata nell’esperienza rinnovata della misericordia, che per noi redentoristi coincide con il motto e l’essenziale del nostro annuncio, cioè la “copiosa redemptio” e si concretizza nell’evangelizzazione.

Dal magistero di papa Francesco si comprende che la comunità dei credenti prende l’iniziativa perché è preceduta dal Signore nell’amore «per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa! Come conseguenza, la Chiesa sa “coinvolgersi”». Quando la chiesa si coinvolge, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. In questa dinamica la comunica porta frutti di conversione, celebra e festeggia ogni piccola vittoria. (cf. EG, 24)

Nella vita e nell’apostolato di Alfonso e dei redentoristi, troviamo questi atteggiamenti che il Santo padre sottolinea con forza nel suo magistero. Il cammino umano spirituale che Alfonso percorre lo porta a donarsi al popolo specialmente il più abbandonato annunciando la misericordia. Sperimenta il Cristo-vangelo come unica possibilità di dare fondamento e senso ai valori. All’indomani dell’esperienza drammatica della perdita della causa in tribunale, egli sperimenta che la giustizia si lascia comprare dal potere. Davanti a ciò abbandona la toga per iniziare un nuovo cammino di giustizia «Passata una tal tempesta, subentrò in cuore ad Alfonso la luce di Dio. Riflettendo, ma co’ principj evangelici, cosa sia il Mondo, e quanta è vana la sua gloria, restò di nuovo confermato nella risoluzione, che fatta aveva di non veder più i tribunali; né più saper di Mondo. Si arrese Alfonso alla grazia» (Tannoia, I, 23). Il 29 agosto 1723 presso l’ospedale degli Incurabili, si arrende all’amore di Dio in modo definitivo: «Mio Dio, ho troppo resistito alla vostra Grazia: Eccomi qua, fatene di me quello che volete»; e ai piedi della Madonna della Mercede: «investito da nuova luce, si consacra tutto a Dio, rinuncia al Mondo… facendo a Dio ed alla Vergine un olocausto di casa sua» (ivi 25-26).

Inizia a vivere il sacerdozio come ministero di misericordia. Il vecchio avvocato da questo momento prenderà le difese dei peccatori davanti al giudice della misericordia: «Considerate, sacerdote mio, che Dio non potea farvi più grande nel mondo di quel che vi ha fatto. Ed a qual maggiore altezza potea Dio sollevarvi, che rendervi suo ministro in terra degli affari di sua maggior gloria» (Opere ascetiche, vol. III, Torino 1867, 813). In un altro scritto egli scriverà «Son Sacerdote; la mia dignità supera quella degli angeli; dunque debbo avere una somma purità, e per quanto posso essere un Uomo Apostolico…. Il popolo Cristiano mi considera come un Ministro di riconciliazione con Dio e debbo essere io sempre caro a Dio e godere di sua amicizia… I poveri peccatori aspettano da me di essere liberati dalla morte del peccato, ed io debbo farlo con le preghiere, coll’esempio, colla voce e coll’opera» (Rispoli, 35-36).

Infine al centro del suo ministero ci sarà sempre la predicazione e la riconciliazione: «Animato dallo Spirito di Dio, non predicava Alfonso che Cristo Crocifisso. Non vi erano frasche nelle sue prediche, ed apparati vani di inutili erudizioni. Tutto era nerbo, e sostanza, con stile piano, e familiare… Non tantosto si vide sedere al Tribunale della Penitenza, che accerchiato ne venne il nuovo Confessore da una moltitudine di Penitenti. Prodigioso era il numero di qualunque ceto e condizione… Tutti accoglieva Alfonso con una carità sopraffina; e siccome la mattina era il primo a presentarsi in Chiesa, così era l’ultimo a levarsi dal confessionale» (Tannoia, I, 35-39).

Papa Francesco e S. Alfonso
Città di Pagani - Turismo religioso in Campania
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